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LA STRADA DA SENIGALLIA A ROSTOCK (per le foto clicca su Album)

by on Jun.06, 2007, under Smash G8

G8/ROSTOCK … Aquì estamos!

 

La strada da Senigallia a Rostock è lunga, una striscia di asfalto che attraversa l’Europa dove alla certezza della partenza si contrappone l’incertezza dell’arrivo. L’Europa è fatta di frontiere e di trattati che ne decidono l’apertura e la chiusura secondo le esigenze del mercato. Chi viaggia verso Rostock non è un’esigenza del mercato, ma piuttosto un impedimento, un granello di sabbia dentro il sistema.
Lungo la strada si compone la carovana di chi proverà a violare i limiti imposti da Scenghen.
A Trento la prima tappa: parole, impressioni, birre e sigarette … la sentinella ci da il via, si parte!
L’Italia scorre via velocemente, l’Austria è più ostica, ma con caffè, zuccheri e buona musica la notte e la stanchezza si fanno meno pesanti.
Tra radio e telefoni la notizia corre veloce, la frontiera è chiusa, la polizia ci aspetta.
Ad Innsbruch abbandoniamo l’autostrada, i compagni austriaci ci guidano per stradine di campagna e piccoli paesini. Aggiriamo il blocco. L’Austria è alle spalle e con lei l’ultima frontiera e le guardie che la presidiavano. Siamo in Germania … ancora qualche ora e qualche altro caffè … ecco Rostock!

            L’arrivo è già partenza, il 4 giugno è la giornata dei migranti ed il corteo sta per partire. Gli organizzatori avevano previsto circa cinquemila persone, in strada ce ne saranno circa cinquantamila … troppi per la polizia che, infatti, ritira l’autorizzazione e blinda la piazza.
Ma come, perché si sono presentate così tante persone, quando la manifestazione precedente era stata “rovinata” dai cattivi ragazzacci in tuta nera? Perché le “persone normali” non hanno avuto paura di altri disordini? Perché i migranti che in completa autonomia gestiscono il corteo, invece di obbedire ai divieti imposti dalla polizia, decidono di violarli e portare a termine pacificamente il corteo?! La moltitudine prima dei divieti, viola la politica della paura, perché la battaglia che si è scatenata in piazza il 2 giugno durante la prima manifestazione di massa contro il G8, non ha indebolito il movimento, ma lo ha rafforzato.
Il movimento ha parlato per primo ed ha parlato due volte. Ha parlato con i numeri presenti in piazza – centomila persone – ed ha parlato con la conflittualità che è riuscito ad esprimere. Una conflittualità che può essere denigrata con l’appellativo di “violenza” solo da chi vorrebbe i movimenti compatibili ai giochi di potere della sinistra istituzionale. Una conflittualità che è stata capace di reagire alle continue provocazioni della polizia, rompendo quel clima di paura che mira ad ottenere che il dissenso politico possa essere espresso solo in forme concilianti e quindi funzionali al potere. Non esistono movimenti buoni contro movimenti cattivi se non nelle parole di chi è in mala fede, esiste, invece, un movimento che di volta in volta con laicità sceglie come esprimersi, secondo gli obbiettivi politici che di volta in volta decide di porsi, senza confondere mai i mezzi con i fini.

         Il 5 giugno si riparte, manifestazione contro la guerra. Partiamo dal campeggio in molti e subito ci dicono che per l’ennesima volta l’autorizzazione è stata revocata. La polizia ci perquisisce uno per uno, ma lascia sfilare il corteo che si svolge pacificamente secondo programma. Un filo rosso lega la mobilitazione contro gli otto grandi con la preparazione dell’accoglienza alla vista romana del criminale di guerra G. W. Bush … lo striscione comune dice: “From Rostock to Rome: Push Bush out everywhere!”.

 Continua …

Brigata Internazionale  Mezza Canaja

 


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