17/10/08 LA VOSTRA DEMOCRAZIA, LA VOSTRA PARTECIPAZIONE – NO COMPLANARE!
by csamezzacanaja on Oct.18, 2008, under No complanare
LA VOSTRA DEMOCRAZIA, LA VOSTRA PARTECIPAZIONE
Ieri sera,
abbiamo visto un Sindaco e i suoi assessori arroccati su un castello di carta,
costruito da un esercito di tecnici armati fino ai denti di numeri, dati e
studi. Abbiamo
visto una giunta in difficoltà farsi scudo con questi tecnici (per giunta non
solo a nostro parere poco preparati e molto poco convincenti), scudo che non è
stato sufficiente a ripararli dalle accuse della folla. Abbiamo
visto le solite lobby della nostra città, le stesse che la governano e
l‘amministrano in tutte le stagioni politiche e naturali che si sono susseguite
in questi anni, difendere questa maestosa opera come solo chi difende i propri
interessi può fare. Abbiamo
visto tecnici porre domande tecniche ed avere risposte come abbiamo anche visto
le riflessioni politiche dei cittadini presenti cadere nel nulla. Abbiamo
anche visto tanti, tantissimi cittadini rivendicare i propri diritti, liberi da
mere posizioni di tornaconto elettorale o economico, in nome del principio
di salute e di tutela del territorio
comune.
Ieri sera
abbiamo assistito ad una grandissima lezione di partecipazione, viste le
numerose ipotesi alternative proposte; tante le idee dai progetti alternativi
di riutilizzo dell’attuale A14 alla posizione
di dialogo (la più moderata in assoluto) quella che chiede semplicemente
qualche mese ulteriore per discutere e se necessario rivedere quest’ opera ad
altissimo impatto ambientale sotto la supervisione di soggetti terzi
garanti,sostenuta in maniera trasversale dalla platea,sindacati e singoli e
arbitrariamente rifiutata dal Sindaco. Questa
partecipazione non è sicuramente la stessa di cui parla l’Assessore Ceresoni
quando dice “questo Forum è stato creato per avvicinare i cittadini a delle
grandi questioni” sapendo già dall’inizio dell’assemblea che la possibilità di
revisione di quest’opera non fosse assolutamente in discussione. Non accetteremo
mai queste logiche sviluppiste che avvelenano il territorio ed abbassano la
qualità della vita di chi lo abita, che non sono altro che l’altra faccia della
speculazione edilizia e della totale assenza di un reale studio delle
problematiche legate al traffico e all’urbanistica cittadina. Non
accetteremo mai l’autoritarismo e l’arroganza del Sindaco a difesa di una
democrazia che è sempre più formale e sempre meno sostanziale, di quale
democrazia parlate se pensiamo ai 334 cittadini ai quali verranno espropriate
case,magazzini,campi coltivati,vigneti che a tutt’oggi non hanno avuto ancora
nessuna comunicazione della loro situazione. Non
accetteremo mai che 192.248 mq del territorio di questa città, pari a 27,5 campi
da calcio, vengano espropriati per la costruzione del più grande cartello
elettorale che solo un’opera di queste dimensioni può dare.
Ieri ci
avete ribadito che il tempo per la discussione è finito, in realtà si potrebbe
tornare indietro in qualsiasi momento dato che l’iter burocratico di
approvazione del progetto esecutivo non è ancora concluso,basta volerlo!! Prendiamo
atto dunque di questa chiusura totale consci che la nostra salute e la nostra
vita sono in pericolo e che le difenderemo a tutti i costi. Per noi
non è stata ancora scritta l’ultima parola sulla vicenda complanare, e non ci
fermeremo, anzi allargheremo il consenso e la partecipazione a questa lotta,
ora più che mai……
NO COMPLANARE !!!
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mso-bidi-language:#0400Intervento video di Andrea:
http://www.youtube.com/watch?v=ZOsVm3iSslkRassegna Stampa | Complanare: il comitato lancia il controforumCorriereadriatico: http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=AA74666405463CC153AE7FDFD85FB465Il Messaggero: http://carta.ilmessaggero.it/view.php?data=20081018&ediz=13_ANCONA&npag=52&file=B_4339.xml&type=STANDARD
10-11-12/10/08 “FREEDOM OR DEATH” – SULL’INCONTRO DEI CENTRI SOCIALI AL CS RIVOLTA
by csamezzacanaja on Oct.15, 2008, under Comunicati e Manifestazioni
«Freedom or death»
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Sull’incontro al CS
Rivolta del 10-11-12 ottobre 08
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mso-bidi-laDOCUMENTO CONCLUSIVO
DELL’ASSEMBLEA DEI CENTRI SOCIALI:
Dopo tre giorni
di lavoro intenso proviamo a definire le conclusioni, nella consapevolezza che
concludere significa piuttosto aprire, di certo non fare una sintesi.
Conclusioni consonanti, infatti, con lo spirito che ha costituito e
attraversato l’intera esperienza di discussione del Rivolta di Marghera: l’anno
zero, l’atto di inizio, nella sperimentazione di soggettività, all’interno di
una nuova fase, dove le bussole del passato non funzionano più e dove è
necessario ricostruire un tempo, uno spazio, una “geografia”, una pratica,
adeguate al presente e a ciò che ci attende. Dunque conclusioni che vanno
verificate praticamente e che soltanto la ricerca materiale può rendere valide
e trasformare in istanze di lavoro, in continuità organizzativa, in capacità di
connessione. Tre considerazioni elaborate collettivamente che definiscono lo
spartito attorno al quale far convergere le variazioni singolari.
La prima considerazione che facciamo è relativa al bilancio politico di
questa tre giorni. Si tratta indubbiamente di un bilancio molto positivo e
questo lo diciamo al di fuori di ogni tentazione auto-celebrativa. In un
periodo dove la finzione del linguaggio prevale sulla potenza della vita, è
decisivo fare un bilancio che proprio dalla vita prende le mosse: laddove è
abitudine diffusa dire di essere in tanti quando si è in pochi, di fare tanto
quanto non si fa nulla, il problema è mettere al centro la qualità del corpo
politico, delle pratiche concrete, degli affetti, delle relazioni. Quando
diciamo bilancio positivo parliamo dunque dell’accumulo di esperienze comuni
che nella tre giorni di Marghera effettivamente si è dato.
Proviamo a
raccontare questo accumulo a partire da due elementi principali. In primo luogo
la qualità del discorso sulla crisi della globalizzazione e del modello
economico neo-liberista. Parlare in questi giorni di crisi equivale a
raccontare un ovvietà: il senso comune, le diffuse condizioni di panico, la
produzione comunicativa, i disperati interventi della governance
americana o europea, una costellazione di eventi che fanno della crisi
l’orizzonte materiale del nostro presente. Eppure, a leggere con attenzione gli
analisti economici o i posizionamenti politici, prevale una lettura che della
catastrofe sa fare solo una descrizione, quasi che la crisi non riguardasse la
vita reale di ciascuno, quasi che la catastrofe rimanesse distante un palmo
dalle esperienze singolari e collettive. Un discorso banale dunque perché
impotente, quando non ipocrita o omissivo. Quello che abbiamo tentato di fare a
Marghera, invece, è stato leggere la crisi a partire dallo sfruttamento, dai
rapporti di forza, dalle forme di sottrazione collettiva dalla miseria (come
leggere altrimenti quanto è accaduto nella vicenda dei mutui subprime
negli Usa). Dunque il discorso sulla crisi è immediatamente un discorso sulla
soggettività, nella convinzione che la velocità delle mutazioni del presente
impone conseguenze pratiche inaggirabile sul terreno del movimento e
dell’organizzazione. La crisi letta con le lenti della trasformazione e non con
la chiacchiera della disperazione.
In secondo
luogo la qualità e la quantità della composizione soggettiva che ha dato vita a
questi tre giorni di incontro e di discussione. Sulla quantità, l’evidenza dei
numeri parla da sola: circa mille partecipanti da tutta Italia, decine le
strutture coinvolte, gli spazi sociali, le reti. Una quantità che non si limita
a registrare una convergenza tattica, ma segnala una disponibilità
straordinaria a rimettersi in cammino e a farlo in tante e tanti, a partire da
un terreno di complessità che si propone una continua espansione. Sulla qualità
della composizione il riferimento immediato è alle forme di organizzazione del
vecchio ciclo di lotte: assemblee di estrema ampiezza che si concludevano, con
minor fatica e con minor tempo, al seguito di non più di dieci interventi,
molto spesso gli stessi. Questa la verità di un ciclo di lotte che ci ha visto
protagonisti e che abbiamo vissuto e attraversato al meglio, ma che è stato
segnato da un limite profondo nella produzione di discorso e nella definizione
dei dispositivi organizzativi. A Marghera è successo qualcosa di davvero nuovo:
oltre cento interventi in tre giorni, un enorme dato quantitativo che parla
della qualità del metodo e della ricerca politica. Non si tratta di sancire il
primato della diversità (di parola) sulla capacità di organizzazione, ma di
assumere la molteplicità come tratto e trama costitutivi della soggettività.
Due elementi,
dunque, che ci fanno ritenere l’esperienza del Rivolta straordinaria e positiva
e che ci spingono ad accettare la sfida che ci siamo posti in questi mesi e
nella preparazione del meeting: dare vita ad un nuovo spazio politico
organizzato. Il concetto di spazio politico, in questo senso, si discosta da
quello di sfera pubblica che abbiamo conosciuto e praticato in questi anni.
Mentre la sfera pubblica (quella di cui abbiamo fatto esperienza, ad esempio,
nei Social forum) propone un’idea normativa di discorso, dove la parola prevale
sulla vita, la pluralità sulla pienezza delle differenze, la decisione separata
sui meccanismi di democrazia assoluta, lo spazio politico mette al centro il
linguaggio come espressione, corpo, pratica: espressione di ciò che si fa e
concretamente si costruisce tutti i giorni; differenza e decisioni da
verificare materialmente, nel mezzo del processo organizzativo.
Questi elementi
di positività e di scelta ci aiutano inoltre a fare una seconda
considerazione: la discontinuità del metodo. La pluralità di momenti
assembleari (formazione, migranti, centri sociali) che hanno scandito le tre
giornate di Marghera, non ha avuto nulla a che fare con il solito rituale dei
tavoli tematici, emanazione dell’organizzazione politica centrale, trascendente
(c’è tanta trascendenza anche nelle dinamiche di movimento, non solo in quelle
di partito). La molteplicità delle assemblee è stata piuttosto il metodo
attraverso il quale abbiamo costruito e intendiamo costruire lo spazio politico
organizzato, uno spazio immanente, dunque, alle reti sociali, alle esperienze
di movimento che attraversiamo. Un passaggio strategico che ci fa ripensare
anche il tema del programma e dell’agenda politica al di fuori delle vecchie
logiche. Il programma, al pari dell’agenda, non si dà in termini lineari e
preventivi, ma viene, e non può essere diversamente, di volta in volta definito
dalle lotte e dalla nostra capacità di essere interni alle lotte che si danno.
In questo senso il tempo dell’organizzazione è un tempo fatto di salti e di
discontinuità, un tempo che vive di condizioni aleatorie, così come aleatorio è
il ritmo dei conflitti. Lo spazio politico che abbiamo iniziato a definire
coglie il problema della soggettività, dunque, come produzione e come continuo
lavoro di autoformazione.
La terza
considerazione che facciamo è relativa al nome di questo nuovo spazio
politico. Non è di certo casuale che in tre giorni intensi di lavoro e di
discussione questo tema non è mai stato sollevato da nessuno degli interventi.
Non è casuale e si tratta, piuttosto, di una scelta consapevole, la scelta di
mettere al primo posto la condivisione di elementi sostanziali rispetto alla
questione dell’identità. Questo non significa che non produrremo identità nei
prossimi mesi, questo vuol dire che assumiamo il problema dell’identità come
processo e non come definizione preventiva. Per riprendere nella sua attualità ‒
come farebbe un benjaminiano balzo di tigre nel passato ‒
un segno che più di altri ha riguardato il vecchio ciclo di movimento, pensiamo
che no-logo sia il modo più adeguato per definire questa ipotesi di lavoro
politico e organizzativo che stiamo mettendo in campo. Si tratta, per esser
chiari, di una dichiarazione di ostilità al terreno della rappresentanza, fuori
e dentro le dinamiche di movimento. La domanda che vale non è più chi siamo; la
domanda, per noi e per gli altri, è cosa facciamo e come facciamo quello che
facciamo.
In conclusione
ci piace riflettere ancora su alcuni elementi relativi alla crisi di sistema
che stiamo vivendo. In un editoriale acuminato del Corriere della sera
Giavazzi attacca senza tregua chi, tra gli economisti e il mondo politico,
propone l’affermazione di un solido sistema di regole a contenimento del disastro
e della catastrofe. Parla di illusioni, dice Giavazzi, chi sostiene che la
finanziarizzazione dell’economia sia processo marginale e secondario rispetto
all’economia reale e industriale; altrettanto chi ritiene che si possano
imporre regole ai mercati della finanza. Giavazzi ci ricorda piuttosto che il
capitalismo è fatto di rischio e i rischi producono successi, ma anche
catastrofi; in più ci ricorda che rischio, illegalità e corruzione sono parti
integranti e sostanziali del capitalismo e del suo sistema di dominio. Chi
ritiene che si possa fare a meno di questo tasso strutturale di illegalità
(aggiungiamo noi di violenza), può ricorrere ai vecchi modelli sovietici, già
respinti dalla storia. Il carattere schietto di questa lettura, oltre a
togliere il fiato ad ogni ambizione neo-keynesiana, ci fa cogliere come in un
momento di crisi così solido riemerge in primo piano quel tratto violento e
illegale che sta all’origine del comando capitalistico. Già Marx al termine del
primo libro del Capitale ci segnala, attraverso la categoria dell’accumulazione
originaria, questo elemento. Ma il fatto interessante è che proprio nel punto
più alto della crisi il sistema capitalistico (che riduce a mero fatto
l’accumulazione originaria) perde la sua pacifica e regolata necessità, mentre
riemerge il carattere aperto, contingente e storico del dominio. Così come il
dominio si mostra come tale, contingente e storico, altrettanto potente diviene
lo spazio dei movimenti e della trasformazione.
Dalla tre
giorni di assemblea svolta presso il Csoa Rivolta, Marghera 10-11-12 ottobre 08
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RELAZIONE
SULL’ASSEMBLEA DEI CENTRI SOCIALI E SPAZI AUTOGESTITI
http://www.globalproject.info/art-17248.html
AUDIO INTERVENTI:
http://www.globalproject.info/art-17250.html
APPROFONDIMENTI:
MATERIALI AUDIO, TESTO E IMMAGINI
SULLA TRE GIORNI AL CS RIVOLTA,
MARGHERA (VE) 10.11.12 OTTOBRE ’08
http://www.globalproject.info/art-17239.html
10-11-12/10/08 TRE GIORNI DI DIBATTITO PER COSTRUIRE UN NUOVO SPAZIO POLITICO – ASSEMBLEA DEGLI SPAZI SOCIALI
by csamezzacanaja on Oct.07, 2008, under Comunicati e Manifestazioni
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all’assemblea degli spazi sociali
ore 15.00 @CS Rivolta, Marghera-Venezia Italia
SPAZI INDIPENDENTI PER LA LIBERTÀ COMUNE
Li ci sono
chiese, macerie, moschee e questure
Li frontiere, prezzi inaccessibile e freddure
Li paludi, minacce, cecchini coi fucili, documenti, file notturne e clandestini
Qui incontri, lotte, passi sincronizzati, colori, capannelli non autorizzati,
uccelli migratori, reti, informazioni, piazze di tutti, laiche, pazze di
passioni
Si entra e
si esce di qua
Si entra e si esce da queste mappe della città
Si entra e si esce, cerca di stare in gruppo
la tranquillità è importante ma la libertà è tutto
AF, Mappe della Libertà (2008)
Partiamo da un
fatto. Anzi da decine di fatti. I centri sociali sono oggi più che mai, una
dorsale strategica dei movimenti. Ogni ciclo di lotte vede la loro
insostituibile partecipazione come arricchimento e potenziamento. I centri,
insomma, sono stati incubatore, volano e detonatore delle lotte negli ultimi
venticinque anni; un tempo, peraltro, troppo grande perchè le soggettività non
siano cambiate e questo è un assunto così come lo è che non ci siano modelli da
copiare o per i quali tifare.
La nostra scommessa è che i centri sociali siano e rimarranno centrali anche
per i cicli futuri e per questo vogliamo proporre una grande assemblea, aperta
e pubblica il cui dibattito sia all’altezza dei tempi.
Un’assemblea non formale e dagli esiti non scontati che sia un’occasione per
discutere tra esperienze simili, partendo da ciò che ci accomuna e che sappia
valorizzare ciò che caratterizza come unico ogni spazio e percorso
territoriale.
Un’assemblea che vogliamo sia di spazi indipendenti e che sia un passo, un
altro passo, verso la libertà comune.
Un’assemblea nella quale non valga il postulato per il quale il modo più
efficace per andare da un punto ad un altro è percorrere una linea retta.
Ma facciamo un
passo indietro per costruire il contesto nel quale nasce quest’invito.
A noi pare che gli spazi sociali siano cambiati, profondamente, e siano
sospsesi tra un non più ed un non ancora.
Se pensiamo alla nostra identità la troviamo tra gli echi dei primo grande
ciclo di lotte no global. Correvano gli anni della fase espansiva della
globalizzazione nella quale le eccedenze di quella soggettività che era messa
al lavoro nella metropoli, dall’università al terziario, dallo spettacolo
all’informazione, dall’edilizia ai trasporti, trovavano un modo concreto per
organizzarsi nella grande fabbrica senza più reparti. non più Lì, spesso, i
centri sociali sono stati motori di eventi politici nei quali la soggettività
si accumulava e ri/produceva. E del resto che sarebbe stato se l’esperienza no
global italiana avesse avuto solo l’infosfera o le sedi di qualche partito o
sindacato come luoghi di riferimento? Anche in questo i centri sono stati
formidabili luoghi dell’anticipazione politica.
Il non più è proprio suggerito dall’esaurirsi di questo paradigma: i centri
sociali erano la basi dalle quali ci proiettavamo per evocare e costruire un
altro mondo migliore, cioè per praticare esodo.
Non solo. Se pensiamo alle realtà che vorremmo partecipassero all’assemblea
troviamo centri sociali che dieci anni fa non esistevano, altri con cui non
eravamo in relazione, ma anche spazi che non sono mai stati centrisociali,
pur essendo in movimento ed avendo straordinari percorsi di rete su specifiche
tematiche. Il perimetro degli spazi sociali è quindi ampio, in movimento e
complesso cioè ricco, plurale, nomade.
TERRITORIALITÀ
Gli spazi hanno sempre avuto una connotazione territoriale (chi se non i centri
sociali ha posto il problema politico del quartiere e della fabbrica diffusa?)
ed il rapporto tra agire locale e pensare globale è stata una sintesi che ci ha
aiutato a definire la relazione con il territorio.
I processi di globalizzazione, ed i cicli di resistenze, hanno impattato il
territorio, lo hanno trasformato. I flussi di produzione e riproduzione sociale
si sono ri /territorializzati e, come riflesso, la crisi dei modelli di
governance si riflette completamente e compiutamente nei territori.
Quando parliamo di centri e spazi nei territori ci poniamo direttamente nel
punto più alto dello scontro con i processi di accumulazione: il territorio non
protegge dalla globalizzazione, non è un muretto che isola dalla
fortissima socializzazione operata da vent’anni di globalizzazione.
Chi pensa al territorio come protezione si troverà travolto proprio da processi
globali che fugge altrove. Gli spazi sociali sono increspature in un territorio
definitivamente globalizzato.
Gli spazi, per noi, devono trovare nel territorio la chiave per combattere il paradigma
della sicurezza, che, in questa nuova fase dello scontro tra capitale e
vita sta diventando la cifra per un nuovo modello di espressione del comando.
La sicurezza appare la forma contemporanea della governance, che riassume su di
sè la tensione ordinativa, la problematica del consenso (a chi è sfuggito il
baratto trasversale alla sinistra ed alla destra: sicurezza in cambio di
precarietà e rappresentanza?) e la necessità per il comando di localizzare e
differerenziare.
Nel paradigma della sicurezza collochiamo la politica dei sindaci sceriffi
di destra e di sinistra, l’esercizio di un razzismo differenzialista, il
controllo sulla felicità, libera e per sua costituzione ribelle, eccedente e
cooperante, dei corpi nella metropoli.
Dobbiamo partire dalla constatazione che le metropoli stanno vivendo una
stagione di nuovi movimenti di destra, la diffusione di nuove e vecchie forme
di razzismo e sessismo, la sperimentazione moralista e feroce del
proibizionismo. Come spazi in movimento ci poniamo il problema di rifocalizzare
teorie e pratiche antifasciste ed antirazziste. Mai più Nicola, Renato e Abba,
questo è il punto di non ritorno.
LIBERTÀ È
INDIPENDENZA
Combattere il paradigma della sicurezza è pensare la libertà come
processo di lotta, di sottrazione al controllo del biopotere sui nostri corpi e
sul nostro immaginario, come sottrazione soggettiva al comando nelle filiere
della fabbrica diffusa nel territorio. Il discorso sulla libertà, e sul suo
attuale attacco, si ridefinisce all’interno del controllo di quelle eccedenze
che la produzione metropolitana comporta.
Intendiamo la libertà come poter essere, poter decidere di sé, poter fare a
meno di dipendere, insomma come percorso di lotta e come processo di
federazione di differenze.
La libertà è indipendenza e l’indipendenza è costitutio libertatis,
appunto.
L’assemblea di sabato può essere il momento per condividere le esperienze e
pratiche di libertà che negli spazi sono già in essere e prefigurare nuove
linee di fuga.
Pensiamo ai percorsi di lotta alla proibizione, alla pratiche antifasciste ed
antiautoritarie, alla cooperazione antirazzista. Pensiamo alle lotte per la
libertà di genere.
Crediamo che i centri e gli spazi sociali possano divenire un punto di
riferimento per la costruzione di nuovi percorsi che abbiano la conquista della
libertà come sogno comune.
Se pensiamo alla storia dei centri sociali, appunto, essi hanno anticipato di
due decadi la comprensione del concetto di biopolitica, mettendo il bios, il comune
bios, al centro dell’attività politica. Forse proprio la relazione tra
divenire comunità, cooperante, mutuale negli spazi ed il rapporto con il
territorio è un punto importante da ricondividere e sviluppare in assemblea.
Ci piace pensare che i nostri spazi siano, e divengano sempre più, un cross
point di realtà territoriali indipendenti, quali cooperative di produzione
o consumo critico, etichette musicali e laboratori del lavoro immateriale,
strutture produttive creative in conflitto per la propria indipendenza.
Se è vero che i movimenti di capitale hanno evocato enormi potenze produttive e
che ci sono potenti eccedenze indipendenti per scelta perchè non pensare
che sia possibile intersecarle nel territorio? I nostri occhiali, dalle lenti
spesso appannate, qualche volta non ci fanno vedere i movimenti di soggettività
che ci sfiorano nella metropoli.
Da questa prospettiva gli spazi sono luoghi del comune, luoghi cioè nei
quali si tessono trame di soggettivazione, si produce soggettività, decisione
politica, comune, appunto.
Non ci sono
risposte date e universali, scorciatoie semplici, proprio perchè non dobbiamo
semplificare le differenze soggettive ed oggettive, che rendono unici e
singolari spazi, territori e percorsi di lotta.
Ci piace invitarvi a partecipare all’assemblea evocandola come vera, aperta,
libera e sognarla ricca di potenza e discorso. Con una suggestione sullo
sfondo: è possibile pensare ad una federazione come stile organizzativo
adeguato alla ricerca del comune? Saremo capaci di costruire una proposta forte
e radicale, inclusiva ed aperta? In fin dei conti questo piccolo miracolo
accade tutte le settimane nelle assemblee di gestione dei nostri spazi.
Vi aspettiamo,
viva la libertà.
Prime
adesioni
TPO bologna | Aq16 reggio emilia | Paz rimini | Spam parma | Pedro padova |
Rivolta marghera | Sale docks venezia | Bruno trento | Capannone Sociale
vicenza | Arcadia schio | Ubik treviso | Casa delle culture trieste | Cantiere
milano | Crocevia alessandria | TdN genova | Esc roma | Insurgencia napoli |
Intifada/comunità in resistenza empoli | Casa Loca milano | Horus roma | Zapata
genova | Gabrio torino | Csa Sisma macerata | Csa Jolly Roger civitanova marche
| Ambasciata dei Diritti ancona | Csa Tnt. jesi| Csa Kontatto falconara | Csa
Mezza Canaja senigallia | Csa Oltrefrontiera pesaro | Bottega di resistenza
globale fossombrone | Csa Squola Spa pergola
10-11-12 OTTOBRE -> TRE GIORNI
DI DIBATTITO PER COSTRUIRE UN NUOVO SPAZIO POLITICO
04/10/08 ANCONA – OLTRE 2.000 PERSONE IN CORTEO CONTRO RAZZISMO E CPT
by csamezzacanaja on Oct.06, 2008, under Ambasciata dei diritti
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GUARDA LA GALLERIA FOTOGRAFICA
DA GLOBAL PROJECT -> http://www.globalproject.info/gal-17158.html
04/10/08 ANCONA – LOTTARE INSIEME SI PUO’ – MANIFESTAZIONE PER I DIRITTI DEI MIGRANTI
by csamezzacanaja on Oct.04, 2008, under Ambasciata dei diritti
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I DIRITTI
DI CHI?
I diritti non hanno
confini. Quando i governi confinano i diritti di alcuni, sono a rischio i
diritti e le libertà di tutti. Le furiose campagne di criminalizzazione dei
migranti a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi sono servite a giustificare
leggi che in nome della sicurezza ci rapinano dei nostri diritti fondamentali,
ci rendono sudditi dei sindaci-sceriffi, invadono le nostre città di telecamere
e militari: il pacchetto-sicurezza è solo un enorme furto di democrazia.
LA SICUREZZA DI CHI?
La sicurezza di cui abbiamo bisogno è quella del reddito, delle garanzie
sociali, della sanità, della scuola, della casa, della salute, della nostra
vita sottratta alla precarietà. Questa sicurezza non ha etnia, razza o
religione: è un diritto di tutti che ci unisce nella comune necessità di
lottare per la sua conquista. La sicurezza di cui parlano i governi è ben altra
cosa: è la sicurezza di coloro che sulla nostra precarietà fanno enormi
profitti, che vedono i nostri diritti come un costo da ridurre il più
possibile, che hanno bisogno del razzismo come giustificazione allo
sfruttamento disumano dei migranti, che hanno bisogno di migranti costretti
alla clandestinità perchè costituiscono una forza-lavoro ricattabile ed a
prezzi stracciati.
LA PAURA DI CHI?
Diffondere la paura
verso i migranti è sempre un buon sistema per dividerci tra persone che invece
vivono la stessa dura realtà quotidiana e per distogliere l’attenzione sociale
dai reali meccanismi che ci riducono alla fame. I migranti producono un’enorme
ricchezza. I precari producono un’enorme ricchezza. Tutti i lavoratori, in
qualsiasi settore siano inseriti, producono un’enorme ricchezza. Noi non
abbiamo paura dei migranti: abbiamo paura di chi brucia le nostre ricchezze nei
mercati finanziari, di chi ordina le guerre, di chi licenzia, espelle e
rinchiude a seconda della propria convenienza, di chi ci fa morire sui ponteggi
di qualche edificio.
LA DEMOCRAZIA DI CHI?
Nel cuore dell’Italia e dell’Europa che si dicono democratiche esistono
lager per migranti: attualmente in Italia si chiamano C.I.E. (Centri di
Identificazione ed Espulsione), il nuovo nome che il ministro Maroni ha voluto
attribuire ai CPT. Ne vogliono costruire uno per regione e le Marche sono in
lista di attesa. Nel cuore dell’Italia che si dice democratica le leggi non
sono uguali per tutti: ci sono leggi speciali riservate ai migranti. Sono leggi
speciali che puniscono più severamente e consentono di rinchiudere un migrante
in un lager solo perchè è irregolare; costringono a pagare centinaia di euro
per avere un permesso di soggiorno che viene rilasciato solo dopo lunghi mesi
di trafile burocratiche; limitano drasticamente il diritto al ricongiungimento
con i propri familiari; come nell’Italia nazi-fascista di settant’anni fa
consentono di dichiarare lo stato di emergenza per la presenza di comunità Rom
e di prelevare le impronte digitali ai bambini. Nel cuore dell’Italia che si
dice democratica i militari pattugliano le nostre città.
QUESTA NON E’ NE’ LA NOSTRA DEMOCRAZIA
NE’ LA NOSTRA
SICUREZZA!
SABATO 4 OTTOBRE SAREMO NELLE STRADE DI ANCONA PER
DIRE:
– Che tutti i Centri Identificazione ed Espulsione devono essere chiusi
– Che le Marche non possono accettare nel proprio territorio nessun Centro di
Identificazione ed Espulsione
– Che ogni razzismo è nemico non solo dei migranti ma dei diritti e delle lotte
di tutti
– Che non vogliamo nelle nostre città i militari, i sindaci-sceriffo, le
schedature etniche e dell’infanzia
– Che le politiche sull’immigrazione devono esser radicalmente cambiate
– Che il ricatto del permesso di soggiorno deve finire attribuendo agli uffici
comunali il rilascio in tempi rapidi del documento
CONCENTRAMENTO SABATO 4
OTTOBRE ORE 15.00 STAZIONE TRENI SENIGALLIA PARTENZA CORTEO ORE 17.00 P.ZZA UGO
BASSI ANCONA
CSOA MEZZA CANAJA – AMBASCIATA DEI DIRITTI SENIGALLIA – COMUNITÀ
RESISTENTI DELLE MARCHE
03/10/08 MOBILITAZIONE NAZIONALE STUDENTESCA – AZIONE DEL COLLETTIVO STUDENTESCO ZENIT DI SENIGALLIA
by csamezzacanaja on Oct.03, 2008, under Collettivo Studentesco Zenit
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Negli
ultimi anni abbiamo assistito ad un tracollo progressivo del mondo
dell’istruzione, iniziato con la
Moratti e le sue stangate alla scuola pubblica in favore di
quella privata e proseguito dall’ex-ministro Fioroni con la reintroduzione del
“rimando” , che ha reso la scuola un luogo sempre più elitario.
Era
purtroppo da aspettarselo che con l’insediarsi dell’ultimo governo Berlusconi
il nuovo ministro avrebbe raggiunto l’apice di questa progressiva d/istruzione
, che vede annientati scuola, insegnanti e studenti.
Maria
Stella Gelmini, appena insediata a ministro, lasciò l’Italia allibita quando
dichiarò “La scuola pubblica è come una macchina che non ha più bisogno di
benzina, ma di una maggiore abilità nell’essere condotta”:
Difatti
sotto questo motto iniziò immediatamente a sottrarre “benzina” alla cosiddetta
“macchina”, con tagli di oltre ottomiliardi di euro, a danno di insegnanti e
collaboratori scolastici che resteranno senza impiego.
La
reintroduzione del voto in condotta, che potrà scendere fino al 5, oltre a fare
media potrà causare anche la bocciatura. Questa norma, giustificata da fenomeni
come quello del bullismo, in realtà serve solo a controllarci e a limitare la
nostra libertà d’azione e autodeterminazione all’interno delle nostre
scuole.
La
reintroduzione del maestro unico alle elementari, provvedimento allarmante
quanto ipocrita, e sempre per “tutelare” l’infanzia, l’eliminazione del tempo
pieno negli asili costringeranno molti genitori a dover smettere di lavorare in
orario pomeridiano. Il comun denominatore e unico vero obiettivo di tutto ciò è
ridurre drasticamente le spese per l’istruzione e quindi… tagliare! Tagliare!
Tagliare!
Mentre la Gelmini si adopera per
distruggere l’istruzione in Italia, la scuola è ricominciata da quasi un mese e
i nostri genitori già fanno i conti con il caro libri, che anche quest’anno ha
visto un netto decollo dei prezzi, senza contare le spese per gli abbonamenti
all’autobus e dei treni di chi a scuola ci deve arrivare da fuori città.
Come sono
spiegabili tutti questi rincari davvero esagerati se non con un maggiore
profitto delle case editrici, che ogni anno propongono una nuova versione dello
stesso libro, e delle compagnie di trasporto?
Tutto
questo rientra nel tentativo, già iniziato dai precedenti governi, di rendere
la scuola pubblica terreno di profitto privato sia per i vecchi presidi,
trasformati in dirigenti scolastici, sia per tutte le imprese e aziende che
guadagnano sulle spalle degli studenti e di chi la scuola la vive ogni giorno. Centinaia di euro ogni anno per dare
ai propri figli un’istruzione che non garantisce più un futuro concreto. Un
futuro che ormai è compromesso fin dal primo approccio del bambino con la
società, un futuro inserito nei limiti di quello che ci viene impartito
dall’alto, uno schema già prestabilito che limita la creatività, la curiosità,
l’autodeterminazione e lo sviluppo di spirito critico che sono elementi
fondamentali per la crescita di una persona verso la maturità e la vita.
Abbiamo
deciso di portare il nostro contributo e di aderire alla mobilitazione
nazionale del giorno 3 ottobre calando diversi striscioni nei pressi delle
scuole di Senigallia e portando i diretti interessati a conoscenza di quello
che sta succedendo alla nostra istruzione da ormai troppo tempo.
Riprendiamoci i nostri tempi!
Riprendiamoci i nostri spazi!
Collettivo Studentesco Zenit
collettivozenit@yahoo.it
www.myspace.com/collettivo_zenit
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MOBILITAZIONE NAZIONALE STUDENTESCA -> http://www.globalproject.info/art-17125.html
27/09/08 NAPOLI: JATEVENNE DAY – CRONACA VIDEO – FOTOGRAFICA DELLA DELEGAZIONE DEL MEZZA CANAJA
by csamezzacanaja on Oct.02, 2008, under Comunicati e Manifestazioni
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INTERVENTO DI PAUL CONNETT:
Chiaiano – Jatevenne Day: Corteo, cariche e barricate. La cronaca della giornata, interviste, foto e parole. http://www.globalproject.info/art-17035.html
27/09/08 NAPOLI: JATEVENNE DAY – MANIFESTAZIONE NAZIONALE A CHIAIANO
by csamezzacanaja on Sep.25, 2008, under Comunicati e Manifestazioni
Comments Off on 27/09/08 NAPOLI: JATEVENNE DAY – MANIFESTAZIONE NAZIONALE A CHIAIANO more...L’UDC E NO ALLA COMPLANARE: QUANDO ETICA E POLITICA FANNO A CAZZOTTI
by csamezzacanaja on Sep.24, 2008, under No complanare
L’UDC E IL
NO ALLA COMPLANARE:
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Quando etica e politica fanno a cazzotti
L’essenza e la forza di un
comitato sono il suo essere uno spazio pubblico, aperto, orizzontale e
trasversale, dove associazioni, movimenti, collettivi e soprattutto singoli
cittadini s’incontrano per discutere ed organizzare la difesa del territorio
inteso come bene comune. I partiti politici si
relazionano con i comitati – li sfruttano e ne sono sfruttati – ma non possono
mai rivendicarne una totale/formale internità. In caso contrario, è il senso
stesso dell’essere comitato a venir meno. I comitati sono politici in quanto
sono apartitici.
Molti partiti si sono
relazionati con il “Comitato Versus
Complanare … e non solo”, ne hanno legittimità. R.C. ha (ri)guadagnato la sua
coerenza sulla Complanare rompendo con la Maggioranza. Marcantoni
e Savini non fanno parte di strutture nazionali e le loro liste civiche non si
sono mai irrimediabilmente compromesse – direttamente o indirettamente – con
questo mostro. L’UDC, invece, sembra aver
scambiato la lotta contro la complanare per la propria campagna elettorale.
La Complanare è
figlia diretta della “Legge Obbiettivo” (21/5/’01) fortemente voluta dal
precedente Governo Berlusconi per attuare le Grandi Opere. La “Legge Obbiettivo” svuota
la Valutazione di Impatto Ambientale e prevede grandi investimenti di risorse
pubbliche, (tramite Stato, Regioni, Anas, Comuni) con consequenziale
indebitamento bancario a fronte di esigue partecipazioni private. E’ con questa legge che si è
dato avvio a mostri come il “MOSE” a Venezia, la TAV in Val Susa e il Ponte
sullo Stretto di Messina. E’ contro questa legge che sono nati i primi comitati
in difesa dei beni comuni.
L’allora Ministro alle
Infrastrutture e Trasporti Lunardi (FI) e il Viceministro Mario Tassoni (UDC)
ne furono i padrini: il primo in conclamato “conflitto d’interesse” in quanto
ha direzionato le decisioni governative per favorire le proprie ditte, quali la
Rocksoil, di proprietà della moglie, la società Stone e la società Treesse,
controllate sempre dalla famiglia Lunardi. In Parlamento – Camera e Senato
– l’UDC votò a favore.
Nella nostra Regione anche la “Quadrilatero SPA
Marche-Umbria” è figlia di questa legge-vergogna. E’ una società di diritto privato
a partecipazione pubblica, nel senso che pubbliche sono le risorse, privati i profitti – solo il 2,3% del
capitale della società proviene da finanziamenti privati – e prevede il
collegamento tra Ancona e Perugia, attraverso l’allargamento delle statali 16,
76, 77 e la Pedemontana. Contro di essa è nato un
comitato “Rete No-Pav” a cui Beppe Grillo diede il suo appoggio. Alla Regione Marche, benché
fosse all’opposizione, l’UDC votò a favore della Quadrilatero.
Riassumendo: la richiesta della
valutazione ambientale è uno dei cavalli di battaglia del Comitato. L’UDC dopo
aver votato – sia in Parlamento che in Regione – la legge che affossa la
valutazione ambientale, ora, senza colpo ferire, se ne fa paladina. Infine, alla prima votazione in
Consiglio Comunale sulla Complanare – dicembre ‘05 – il Consigliere Comunale
Cameruccio – allora rappresentante dell’UDC – votò a favore.
A questo punto riteniamo lecito
chiederci come l’UDC possa dirsi contro la Complanare se non per puro
tornaconto elettorale e di potere, cercando di farsi largo tra PD e PDL. Non si possono tenere i piedi in
due o più staffe quando si ha a che fare con i problemi dei cittadini.
Se Gambelli e Mazzarini sono
onesti, responsabili e sinceri, allora, si guadagnino la coerenza, la serietà e
la credibilità delle loro parole e della loro politica uscendo dall’UDC,
altrimenti, la smettano di far campagna elettorale sulla pelle delle persone.
Per quanto ci riguarda, la
logica de “il nemico del mio nemico è mio amico” non ci appartiene.
CSOA Mezza Canaja
APPROFONDIMENTI:
La Legge
Obiettivo:
http://italy.indymedia.org/news/2005/12/946602.php
La
Quadrilatero:
Il Comitato “Rete No-PAV”
http://www.glomeda.org/documenti.php?id=512
14/09/08 ABDUL, 19 ANNI RAGAZZO UCCISO A SPRANGATE A MILANO
by csamezzacanaja on Sep.15, 2008, under Comunicati e Manifestazioni
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mso-fareast-languageDalle parole dei familiari
ai giornalisti:
"Io ero un uomo-macchina,
andavo al lavoro tornavo a casa, anni e anni sempre così, è stata questa la mia
vita. Sono da trent’anni in Italia, sono tra i primi ad essere arrivato, lavoro
in una fabbrica di ascensori, la
Siag qua a Cernusco e il 23 luglio mi sono fatto male. Sono
del Burkina Faso, di un posto chiamato Gnagho, ma mio figlio – dice papà Assane
– è italiano. Ed era giovane, qualche volta usciva, ma non fumava, non beveva,
aveva una ragazza. E sapete – chiede scuotendo la testa – di che cosa abbiamo
parlato alle 23, l’ultima
volta che l’ho visto? Di lavoro. Di che cosa avrebbe dovuto combinare… "
"Per la prima volta
– dice una sorella – ci siamo accorti di essere negri".
Speciale Milano - Razzismo Stop ! Fuori i razzisti dalle nostre città
Abdul, 19 anni ragazzo: il razzismo uccide, è questa la vostra sicurezza?
http://www.globalproject.info/art-16864.html
Le tensioni sociali e le politiche dell’intolleranza
http://www.globalproject.info/art-16902.html
“I politici sono i veri colpevoli e noi stranieri non sappiamo organizzarci”
Intervista allo scrittore senegalese che vive a Milano da 25 anni e che a sua volta è stato vittima di un'aggressione razzista
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/16-Settembre-2008/art24.html
Futili sprangate
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/16-Settembre-2008/art3.html