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Comunicati e Manifestazioni

21/11/09 ANCORA UNA VOLTA NESSUNA AGIBILITA’ ALLA LEGA!

by on Nov.23, 2009, under Ambasciata dei diritti, Collettivo Studentesco Zenit, Comunicati e Manifestazioni

ANCORA UNA VOLTA NESSUNA AGIBILITA’ ALLA LEGA

Ancora una volta la Lega Nord e il suo tentativo di
radicarsi in città è stato bloccato.

Sabato 21 novembre – mentre il Coordinamento Difesa
Scuola Pubblica raccoglieva le firme per la messa in sicurezza delle aule
scolastiche – un improvvisato banchetto dei leghisti che, invece, voleva
raccogliere le firme per il crocefisso nelle scuole, ha trovato la pronta
risposta di una sessantina di studenti e migranti che con i loro corpi hanno
contestato e oscurato il banchetto dei “padani de noatri”. 

Nessuna tregua verso chi specula su paure e
insicurezze. Senigallia non è Padania.

 

LEGA NO GRAZIE: CARICHE A SENIGALLIA

COMUNICATO E VIDEO SCONTRI

 

 

 

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14/11/09 INAUGURIAMO QUESTA CASA RIBELLE | APERTIVO ORE 18

by on Nov.13, 2009, under Comunicati e Manifestazioni, Feste

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12/11/09 PER QUANTO VOI VI CREDIATE ASSOLTI SIETE PER SEMPRE COINVOLTI – COMUNICATO SULLE DICHIARAZIONI DI GIOVANARDI SU CUCCHI

by on Nov.12, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

“PER QUANTO VOI VI CREDIATE ASSOLTI SIETE PER SEMPRE
COINVOLTI”

Basta con i giri di parole. Andiamo subito al dunque.

Le dichiarazioni fatte dal Vice ministro Carlo Giovanardi riguardo la
morte di Stefano Cucchi sono inascoltabili, false e discriminatorie. Sono
parole offensive e pesanti che lanciate contro una famiglia che ha appena perso
un figlio, un fratello, un nipote, provocano dolore, lacerazione e giustamente
rabbia.

La morte di Stefano, come quella di molti altri ragazzi, non è stata
affatto accidentale come il ministro Giovanardi ha affermato nelle
dichiarazioni dei giorni precedenti, riconducendola ad anoressia,
tossicodipendenza e sieropositività. Stefano non ha cercato la morte, anzi la
scansava. Per questo aveva intrapreso un percorso riabilitativo in una
comunità, concludendolo con ottimi risultati. La morte di Stefano è stata
voluta da qualcuno, e questo qualcuno è ora al sicuro, protetto dall’impunità
che la divisa gli assicura.

Più precisamente la morte di Stefano è stata voluta dalla legge
Fini-Giovanardi. Ma che cos’è questa legge?

Si tratta della conversione del Decreto legge 30 dicembre 2005 emanato
per il solo finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino. Convertito per
altro con un doppio voto di fiducia senza dibattito e senza emendamenti.

La legge 49 del febbraio 2006
ha cancellato la decisione del popolo italiano –
espressa con un referendum il 18 aprile 1993 – di depenalizzare il consumo
personale di sostanze stupefacenti, equiparando in un’unica tabella con le
medesime pene – dai 6 ai 20 anni di carcere – le droghe leggere a quelle
pesanti. Ha eliminato “ la dose massima consentita ” – quella che superata
definisce lo spaccio – rimettendo nelle mani di un giudice la decisione caso
per caso. In poche parole, poliziotti e tribunali a loro discrezionalità
potranno decidere sulla nostra condotta di vita, sulle nostre abitudini e sulla
nostra quotidianità. Potranno decidere se rappresentarci come semplici
consumatori o come spacciatori, ed infine, stabilire quale futuro e ci è più
appropriato: se ci meritiamo o meno la loro assoluzione.

La legge Fini-Giovanardi è l’ennesimo dispositivo di controllo sociale,
che etichetta, incasella, sentenzia e mette in isolamento anche il semplice
consumatore occasionale.

Questa riforma in senso proibizionista e le pratiche di polizia, si
concentrano essenzialmente sulla criminalizzazione dei soggetti e sul numero
degli arresti e delle condanne e non sulla prevenzione, la lotta alle mafie e
sull’approccio alle risorse sociali destinate a percorsi e alle pratiche di
accompagnamento e reinserimento sociale.

È sempre la legge sulle droghe a fornire il maggior numero di arresti in
Italia: dietro le sbarre ci sono più di 15 mila tossicodipendenti. Nelle
carceri italiane la situazione non è affatto dignitosa.

In 10 anni all’interno delle prigioni i suicidi sono stati 543 a fronte di 1529 morti,
le quali per la maggior parte sono da accertare. Per non parlare del
sovraffollamento carcerario; su una capienza di 43 mila posti oggi i detenuti
arrivano a 61mila.

Il percorso che un individuo fa all’interno della prigione non dovrebbe
essere un percorso fatto solo di punizioni, restrizione di libertà,
acquisizione di disciplina e privazione di socialità. La popolazione detenuta
vive reclusa in spazi fatiscenti dove la rieducazione è del tutto assente,
mentre le botte, le torture, l’eliminazione della dignità umana e gli omicidi
sono all’ordine del giorno.

Sembra ovvio quanto questa esperienza dovrebbe essere altro. Dovrebbe
essere un percorso di crescita, di consapevolezza e di messa in discussione di
se stessi attraverso un lavoro individuale e costante, insieme ad educatori
sociali, operatori socio-sanitari e tutte quelle figure previste per un
progetto riabilitativo.

In questo Stato di “tolleranza zero”, il Governo Berlusconi  – tra una pippata e un festino – specula
sulle ansie e le frustrazioni di tutti noi. La parola d’ordine è sicurezza. Ma
quale? Di chi? A quale prezzo?

Nel 2009 non c’è  sicurezza sul
lavoro, della casa, del reddito garantito, della scuola pubblica,
dell’assistenza socio-sanitaria, della condivisione delle differenze.

Al contrario, esiste la sicurezza della repressione, dell’intolleranza,
della non accettazione del diverso, del licenziamento, dello sfratto, dei
pestaggi e degli omicidi  e della loro
impunità.

Per questo vogliamo gridare ancora una volta che ribellarsi è giusto,
sperando che la prossima volta ad arrampicarci sopra i tetti saremo molti di
più per condividere la nostra rabbia e la nostra indignazione verso questa
società che ci sta derubando di tutto, anche delle nostre vite.

“HO ANCORA LA FORZA DI INCAZZARMI
ANCORA CON LA
COSCIENZA OFFESA.

HO ANCORA LA FORZA DI DIRVI CHE COMUNQUE LA MIA PARTE VE LA POSSO GARANTIRE”  

Verità e giustizia per Stefano Cucchi.

 
 

Mezza Canaja

 

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07/11/09 PRESIDIO IN PIAZZA ROMA: VERITA’ E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI

by on Nov.09, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

VERITA’ E
GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI – PRESIDIO

Un
presidio molto partecipato quello che ieri, 7 novembre, ha chiesto verità e giustizia per
Stefano Cucchi. In piazza Roma ieri sono state esposte nella loro durezza le
impronte che il potere ha lasciato nei corpi di Stefano e di Federico. Insieme
alle foto, anche tante targhe funebri con lo stemma della Repubblica Italiana e
i nomi di Carlo, Gabbo, Stefano, Federico e Aldo. Per tutti una sola frase: “Non
mi uccise la morte ma due guardie bigotte, mi cercarono l’anima a forza di
botte. Assassinato dallo Stato”.

Quasi un
migliaio i volantini distribuiti, tante le persone che si sono fermate a
guardare, a chiedere, a cercare motivazioni plausibili per la violenza oscena
del potete e la sua impunità.

Finito il
presidio resta uno striscione in mezzo alla piazza:

“Verità e
Giustizia per Stefano Cucchi –  A.C.A.B.”.

 

LEGGI IL COMUNICATO POLITICO

ROMA: MIGLIAIA IN CORTEO PER
STEFANO CUCCHI, SCONTRI CON LA
POLIZIA

 

 

 

 

ASSASSINATI
DALLO STATO

 

 

 

 

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07/11/09 A.C.A.B. VERITA’ E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI – COMUNICATO

by on Nov.09, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

A.C.A.B.

Verità e Giustizia per Stefano Cucchi 

“Se mi difendono chi mi difende da loro? Io non mi fido mai, mi difendo
da solo”

(Aban – da “Lettera a
uno sbirro”)

 

Stefano Cucchi non è morto.
Stefano Cucchi è stato ucciso. Cominciamo con lo stabilire una verità
elementare, che la parola “morte” altrimenti renderebbe troppo vaga. Morte
accidentale? In un certo senso sì, perché accidentale è stato il suo incontro
con i carabinieri. Un regolare controllo – come a tutti può succedere
camminando in città, soprattutto la sera – trasformato poi in fermo, arresto e
pestaggio.

Il problema sta tutto qui,
Stefano non è deceduto perché aveva della marijuana in tasca, ma perché ha
incontrato dei carabinieri che su di lui hanno eseguito una sentenza di morte.
La divisa che indossano – di fatto – glielo permette senza dover correre troppi
rischi.

L’Italia è un paese dove da
sempre le forze dell’ordine godono di una straordinaria ed efficiente impunità.
Un’impunità garantita non solo da uno spirito di corpo fascisteggiante, ma
anche da protezioni politiche. Chi guarda la sicurezza dal basso verso l’alto
sa che chi ha fatto la legge Fini – equiparando droghe leggere e pesanti,
consumo e spaccio – è lo stesso Governo che in cambio di puttane e cocaina
concede favori politici. 

Sa che per gli scontri al G8 di
Genova i manifestanti sono stati condannati a quindici anni di carcere, mentre
il carabiniere Placanica non è stato neanche processato e che Spaccarotella –
il poliziotto che ha ucciso a Gabbo – se n’è beccati sei con prescrizione
assicurata. Sa anche che nella nostra ridente città di provincia i carabinieri
si sono distinti per pestaggi che per ben due volte ci hanno portato a
manifestare l’indignazione sotto la loro caserma.

In Italia davanti a conflitti
politici o disagi sociali si risponde solo con la punizione: multe, denunce,
processi, botte e carcere. Sono 1.531 i morti nelle “patrie galere” dal 2000 ad
oggi.  Nel 2008 sono morti 142 detenuti,
dei quali 46 suicidi. Nel 2009, fino al mese di ottobre, ne sono già morti 148,
di cui 61 suicidi. Una media di 150 all’anno. La maggior parte sono giovani,
vittime della povertà o di leggi proibizioniste.

In Italia ci sono luoghi dove
il diritto, la tanta famigerata legge e la tanta evocata sicurezza non esistono
o sono temporaneamente sospesi. Quanti Cucchi, Aldrovandi o Bianzino accadono
senza che nessuno ne venga a conoscenza? Quanti abusi, violenze e soprusi
avvengono dentro un commissariato, una galera o un Centro d’Identificazione e
Espulsione (CIE ex CPT ) senza che nessuno ne sappia nulla? Quanti uomini in
divisa pagano per aver offeso la dignità e il corpo di un essere umano?

In Italia “sicurezza” vuol dire
completa separazione tra giustizia e legge, dove la prima fa rima con diritto e
la seconda con abuso. Ed è facile che di abuso in abuso prima o poi ci scappi
il morto.

Non ci stancheremo mai di
ripeterlo, sicurezza non è militarizzazione, repressione, controllo e
punizione. Sicurezza è la garanzia di un reddito, di una casa e di un lavoro.
Sicurezza non è paura: è dignità.

Stefano Cucchi, Aldo Bianzino,
Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Carlo Giuliani e molti altri sono stati
uccisi dalla sicurezza. I mandanti siedono ancora in comode poltrone in
Parlamento e gli esecutori pattugliano ancora le strade delle nostre città.

Stefano Cucchi, Aldo Bianzino,
Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Carlo Giuliani e molti altri esigono verità
e giustizia. E questo dipende anche da tutti noi.

 

Mezza Canaja

 

 

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04/11/09 CI VEDIAMO A COPENAGHEN

by on Nov.05, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

CI VEDIAMO A COPENAGHEN…(da www.globalproject.info)

A dicembre si svolgerà
a Copenhagen la più grande Conferenza U.N. sui cambiamenti climatici (COP15),
evento che sta catalizzando un’enorme attenzione a livello globale.

Formalmente la discussone a livello ONU
sarà basata sulla ri-definizione delle quote di emissioni di CO2, in realtà
dietro questo scenario le poste in gioco sono molto più complesse.

Il prossimo dicembre a
Copenaghen non si terrà un summit, un vertice di potenti come tanti ne abbiamo
visti in questi anni, né una semplice “conferenza mondiale”, sotto l’egida
delle Nazioni Unite.

Il tema e soprattutto il
momento, in cui si colloca, definiscono la portata storica di un evento, che va
ben oltre i suoi aspetti formali: un enorme spazio pubblico, attraversato da
dubbi e certezze, conflitti reali tra interessi contrapposti, contraddizioni
irresolubili, sancirà la centralità della questione ecologica, a partire dai
cambiamenti climatici, nel dibattito globale sulla crisi.

Sarà il riconoscimento,
incontrovertibile, che la nostra è l’epoca della precarietà della vita, intesa
come bios, sussunta interamente all’interno dei rapporti sociali di
sfruttamento capitalistico.

Un bios, all’interno del
quale sono divenute indistinguibili, e tanto meno schematicamente separabili,
le dimensioni del naturale e dell’artificiale, ma che, sempre più, si rivela
come l’esito continuamente ridefinito di un’interazione dinamica, di un
rapporto complesso tra uomo e natura.

Un bios che è oggi
ontologicamente precario, perché costitutivamente esposto agli effetti
molteplici di una crisi eco-sistemica, che mette in questione le condizioni
fondamentali della riproduzione stessa della vita nella biosfera e, in quanto
tale, anticipa e, in qualche modo, sovradetermina la crisi finanziaria ed
economica.

Sono le lotte per la
liberazione dallo sfruttamento e i tentativi del capitale di catturarne e
imbrigliarne la spinta verso forme del vivere più giuste e più libere, ad
averci condotto fino a qui.
Il motore che ha trasformato il mondo, fino a farlo diventare qualcosa che ci è
oggi ancora in gran parte sconosciuto, è stata la dialettica tra lotte sociali
e sviluppo capitalistico.
E’ stato cioè il conflitto permanente tra il desiderio di emancipazione e i
rapporti di dominio ad aver generato enormi cambiamenti nelle forme della produzione
e della riproduzione sociale, fino a giungere al paradosso contemporaneo, la
coesistenza di abbondanza (nell’immaterialità digitalizzata di idee,
conoscenze, affetti, relazioni, anche quando applicate a risorse naturali
rinnovabili) e di scarsità (nella materialità di risorse naturali, quando sono
per definizione limitate e non rinnovabili) nello stesso bios, nello stesso
pianeta.

Ma la crisi climatica ci
avverte, e lo fa in maniera pressante, che, come avviene per la relazione tra
naturale e artificiale, così non è possibile separare questi due elementi che
compongono la nostra vita: non si può pensare di consumare, fino al loro
esaurimento, le risorse naturali a favore del pieno godimento delle libertà
dell’immateriale, né oggi ha alcun senso riferirsi all’immateriale, che traduce
fino in fondo l’infinitezza del desiderio e la potenza della cooperazione
umana, aprendola agli illimitati territori della libertà della conoscenza e
della condivisione, come a qualcosa di “secondario” e, quindi, meno degno di
considerazione.

L’inscindibile relazione
tra beni immateriali e beni naturali nel bios contemporaneo, e quindi la
contraddittoria coesistenza di abbondanza e scarsità, oggi vero epicentro della
crisi sistemica globale, segnalano invece che è nella definizione e nello
scontro attorno al concetto di commons, cioè dello statuto di ciò che è comune,
il nodo del problema.
Attraverso la privata appropriazione di risorse primarie scarse ed il loro
illimitato consumo, il capitale ha imposto la depredazione sviluppista ed
industrialista del pianeta, mentre – attraverso la normazione dell’ “eccessiva
libertà” del digitale – vorrebbe imporre la rarefazione e il controllo della
libera comunicazione e condivisione dei saperi e delle tecnologie.

Al centro del conflitto
con chi vorrebbe continuare ad esercitare pieno comando su ciò che esiste e su
ciò che si produce, per trarne profitto, vi è dunque altro da ciò che appare:
sia nel caso delle battaglie per impedire la distruzione dell’ecosistema, sia
in quelle per la difesa della libertà digitale, viene messa in crisi l’idea di
“proprietà”, privata o pubblica che sia, verso invece l’affermazione di un
nuovo paradigma del comune, come prodotto di molteplici relazioni della vita,
in cui scarsità e abbondanza, naturale e artificiale, territorio e soggetti
sociali, si ricombinano a favore di tutti.

Viene da sé che la
contemporanea battaglia per i commons
ha strettamente a che fare con l’affermazione dell’indipendenza. Anzi, essa può
essere definita più precisamente nei termini di “decrescita dalla dipendenza” e
di “crescita dell’indipendenza”, in ogni aspetto intrecciato che riguarda la
vita.

E’ per questo che la crisi
ecologica si conferma non come una delle conseguenze della crisi più generale,
ma come il suo centro, quello che determina, e non che segue, la crisi della
finanza e i suoi effetti sociali.
Al suo interno ritroviamo il precipitato del nuovo bios, geneticamente mutato
da un rapporto di sfruttamento che ha sussunto in sé la vita in quanto tale.

E anche la fine della
centralità di vecchi paradigmi, legati alla previsione di un’illimitata
possibilità di sviluppo fondata su “ciò che è scarso” (perché risorse naturali
limitate e non rinnovabili) e non è più indefinitamente privatizzabile (perché
percepito come bene comune).

Gli effetti della crisi
ecologica obbligheranno i capitalisti a pensare ad uno sviluppo fondato invece
su “ciò che è abbondante” (beni immateriali).
Ma, dal momento che questi sono prodotti comuni della cooperazione sociale,
questo potenzia la possibilità umana di organizzarsi per l’indipendenza, e
costringe noi ad assumere fino in fondo questa come la nuova dimensione della
lotta per cambiare questo mondo.

Ci vediamo a
Copenhagen quindi, perché precaria è la nostra natura, comune il nostro
destino, e più che precari sono i nostri mezzi, ma insieme ad una moltitudine
di tanti e diversi possono crescere invincibili speranze.

Ci vediamo a
Copenhagen per partecipare attivamente alle giornate della Conferenza COP15,
per mobilitarci insieme a molti, per attraversare le mobilitazioni promosse
dalle reti internazionali, dalle realtà collettive.

Prime Adesioni
all’appello:

Laboratorio Aq16 Reggio
Emilia – Ass. YaBasta! Reggio Emilia – Esc,Atelier autogestito Roma – Point
Break studentato occupato Roma – C.Re.Win Onda Sapienza Roma – Cs Tpo Bologna –
Ass. Ya Basta Bologna – LaboratorioOccupato Insurgencia Napoli – Ass. Ya Basta
Napoli – Spazi Sociali Friuli Venezia Giulia – Associazione Ya Basta Nord Est –
Bartleby Bologna – Collettivo Metropolis Rete Sociale Casa e Cittadinanza
Globale! Verona – C.AN.NA collettivo antirpoibizionista napoletano Collettivo
Femminista Pachamama Napoli – Spazio Sociale Parco San Gennaro Napoli – Cso
Pedro Padova – Capannone sociale Vicenza – Spazio autogestito Arcadia Schio –
Coordinamento toscano di sostegno alla lotta zapatista – Comunità in resistenza
Empoli – Collettivo UbikLab Treviso – Ambasciata dei Diritti Marche –
Associazione Ya Basta! Marche – Comunità Resistenti delle Marche – Paz Project,
Ass. Rumori sinistri, Ass. No border Rimini – MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA Firenze –
Collettivo spam, Ass. ya basta! Parma – Laboratorio occupato Morion Venezia –
S.a.L.E. Docks Venezia – Agenzia Sociale per la Casa Venezia – Csoa
Crocevia Alessandria – Onda Anomala Alessandria – CasaLoca Milano –
Associazione Ya basta! Milano – Cso Bruno Trento – HorusLiberato 2.0 Roma – Csa
bl.itz Belluno – Cs Rivolta Marghera – Onda Anomala Venezia

Per Adesioni ed Info: stopclimateprecarity@riseup.net

 

APPROFONDIMENTI:

Cop15

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Cop15/2196

Copenhagen, COP15: Climate Justice Action

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Copenhagen-COP15-Climate-Justice-Action/2426

Andare a Copenhagen

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Andare-a-Copenhagen/2422

20 Tesi contro il capitalismo verde

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/20-Tesi-contro-il-capitalismo-verde/2425

La decrescita della dipendenza

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/La-decrescita-della-dipendenza/2582

Aggiornamenti su:

http://www.globalproject.info/it/tags/cop15

 

 

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24/10/09 VIDEO CORTEO DEL COMITATO VERSUS COMPLANARE

by on Oct.28, 2009, under Comunicati e Manifestazioni, No complanare

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24/10/09 NO COMPLANARE: LUNGO CORTEO SFILA IN CITTA’

by on Oct.26, 2009, under Comunicati e Manifestazioni, No complanare

NO COMPLANARE: LUNGO CORTEO SFILA IN CITTA’

Al grido Alt alle ruspe!, sabato 24 a Senigallia, si è
svolto il corteo organizzato dal Comitato Versus Complanare e non solo… e dal
Mezza Canaja.

Circa 300 persone si sono trovate per manifestare il
la loro contrarietà verso la distruzione e la cementificazione del territorio.
Musica, parole e fischi hanno caratterizzato questo lungo corteo, che ha
percorso le principali vie cittadine fino all’arrivare in piazza Roma, davanti
alla sede del Comune.

Lungo il percorso numerose persone si sono aggregate
alla manifestazione e molti sono intervenuti al microfono per esprimere il loro
dissenso.

Arrivati in piazza si è svolta una proiezione di
piantine tecniche e foto del territorio senigalliese, per mostrare ai cittadini
il progetto che coinvolgerà tutti i quartieri cittadini.

Finita la spiegazione il corteo si è sciolto,
ribadendo che continuerà a bloccare le ruspe per difendere il territorio!

 

          
Senigallia: Fermiamo la complanare! | Piattaforma di
indizione del corteo

           
No complanare: bloccati i lavori in Mattei

 

   

   

    

 

      

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09/10/09 RISPOSTA ALLA DIOCESI DI SENIGALLIA: “LE BATTAGLIE NON SI PERDONO, SI VINCONO SEMPRE”

by on Oct.09, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

Risposta alla Diocesi di Senigallia

“Le battaglie non si perdono, si
vincono sempre”

Più che la risoluzione di un problema, il
comunicato della Diocesi di Senigallia sembra il finale di una favola. Un
occupante sparisce, l’altro viene accolto nelle misericordiose braccia della
chiesa, e tutti vissero felici e contenti.

La realtà è ben diversa.

All’indomani dell’occupazione della Multiservizi, i
tecnici dell’azienda hanno svolto i sopraluoghi nelle case occupate per
verificare la possibilità degli allacci di acqua e gas. Quello che purtroppo si
è riscontrato – che nessuno di noi poteva immaginare – è che vi erano danni
gravi e strutturali ad un pezzo di rete idrica di via delle Caserme. La
Multiservizi per statuto non può fare interventi strutturali senza l’autorizzazione
della proprietà, quindi della Curia, e senza l’autorizzazione dell’Amministrazione
Comunale per i lavori stradali. Pochi giorni dopo, sono arrivate in rapida
successione, la dichiarazione d’inagibilità degli edifici occupati e le denunce
penali ai due occupanti, quest’ultime mandate dalla Curia. Ci fa sorridere l’inagibilità
rilevata per due soli appartamenti in un’intera struttura grande quasi tutta
via delle Caserme e che accoglie numerose attività.

Nei giorni successivi una delegazione del Mezza
Canaja con i due occupanti hanno incontrato alcuni rappresentanti della Diocesi
e della Caritas per verificarne la disponibilità ad autorizzare i lavori alla
rete idrica. La risposta è stata un no secco, accompagnata da una
controproposta di abbandonare spontaneamente le case per essere ospitati per un
tempo indeterminato alla Caritas. L’incontro si è concluso senza nessuna
decisione definitiva.

Martedì pomeriggio veniamo a sapere che la muratura
delle case era già in corso dalla mattina stessa e che l’occupante di “origine
italiana” aveva trovato posto alla Caritas. Evidentemente in questi mesi vi è
stata una trattativa privata tra la Caritas ed un occupante che ha portato a
queste conclusioni. In questo riscontriamo anche i nostri limiti organizzativi,
soprattutto dettati dalla nostra uscita dall’ex-Enel. Quando la Diocesi scrive:
pochi giorni prima dell’occupazione i Servizi Sociali del Comune avevano
chiesto alla Caritas diocesana di ospitarlo per un periodo al Centro di
Solidarietà in attesa di una sistemazione più appropriata
”, tralascia
alcuni dettagli importanti. L’Assessore Volpini aveva proposto ad aprile la
soluzione della Caritas o del centro di accoglienza. La prima era stata
rifiutata, per la seconda, invece, si era rimasti d’accordo di vedere la
struttura prima di decidere. La visita non è mai stata effettuata, nonostante i
solleciti fatti all’Assessore. Per questo dopo quattro mesi si è deciso di
occupare.

Che fine ha fatto invece l’occupante di origine
marocchina? Semplice, è da un mese in Marocco e tornerà proprio in settimana.
Se la Curia voleva sapere veramente dov’era una persona prima di ordinarne la
muratura della casa, beh, bastava che ce lo chiedesse.

Le conclusioni che traiamo da quanto è accaduto
sono che:

1) l’Amministrazione Comunale ancora una volta si
mostra incapace di affrontare l’emergenza abitativa in città, scaricando il
disservizio pubblico su strutture di assistenza e volontariato private.

2) L’assessore ai Servizi Sociali Volpini si è
comportato come Ponzio Pilato, lavandosene le mani, ignorando il dramma sociale
e abitativo che gli occupanti ponevano. Lo stesso atteggiamento che il suo
assessorato sta tenendo con numerose famiglie di sfrattati – italiani e
stranieri – con i quali siamo entrati in relazione negli ultimi mesi.

3) Mentre Volpini faceva finta di niente, con
straordinaria sinergia, l’assessore Mangialardi telefonava due volte alla
Multiservizi perché questa prendesse tempo nell’allacciare l’acqua in attesa
dell’arrivo dell’inagibilità. E questa sarebbe la tanto sbandierata trasparenza
del candidato Sindaco?!

4) Riteniamo che le occupazioni abbiano comunque
ottenuto l’importante risultato di riportare al centro del dibattito politico e
cittadino il problema del diritto alla casa, in una città ad alta tensione
abitativa e con gli affitti più cari delle Marche.

Quella della Diocesi e dell’Amministrazione
Comunale è stata un’operazione congiunta “oggettivamente reazionaria”, in
quanto hanno gestito il problema non sul campo politico e pubblico, ma come
mera reazione diretta solo a bloccare il diffondersi di una lotta popolare sul
diritto alla casa, agita direttamente, senza compromessi e mediazioni. In poche
parole, distruggere il precedente che avrebbe potuto legittimare una pratica
diffusa di occupazioni abitative. Di fronte ad una crisi economica senza
precedenti, a mutui e affitti alle stelle, a sfratti diffusi, alla precarietà,
ai salari bassi ed all’assenza di una politica seria e lungimirante di edilizia
pubblica, continueremo la nostra battaglia per il diritto all’abitare. Una
battaglia fatta di occupazioni, picchetti, assistenza legale e proposte
politiche, come il piano abitativo dello scorso anno. Per quanto ci riguarda, “le
battaglie non si perdono, si vincono sempre”.

 

Mezza Canaja

 

-       Da viveresenigallia.it | Terminata l’occupazione dei locali in via delle Caserme
 
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278/09/09 SOLIDARIETA’ A ETTORE COEN

by on Sep.28, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

SOLIDARIETA’ A ETTORE COEN 

Leggiamo sui quotidiani locali di oggi degli insulti e delle minacce
ricevute da Ettore Coen per essersi opposto pubblicamente alla demolizione
delle ex-colonie Enel. A lui va la nostra incondizionata solidarietà umana e
politica.

Coen ha avuto il coraggio e la dignità di rompere il silenzio
interessato della Comunità Ebraica, di affermare l’importanza della memoria e
della storia contro gli interessi privati dei soliti palazzinari. Ci associamo
alle sue dichiarazioni, nel affermare che coloro che hanno speculato sulla più
grande tragedia del ‘900 quando sarà il giorno della memoria o i giorni della
liberazione, abbiano la decenza di tacere.

 

Mezza Canaja

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