CSOAMezzaCanaja

14/06/09 A SENIGALLIA UN’ALTRO MODO DI PORTARE I TURISTI SUI LAGER – IL COMPLESSO DELLA MEMORIA – ARTICOLO DE IL MANIFESTO SULLE COLONIE ENEL

by on Jun.14, 2009, under Comunicati e Manifestazioni

st1:*{behavior:url(#ieooui) }

/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}

A SENIGALLIA UN ALTRO MODO DI PORTARE TURISTI SUI LAGER
IL COMPLESSO DELLA MEMORIA

di Giulia Torbidoni – SENIGALLIA (www.ilmanifesto.it)




 

 

 

 

 

Le Colonie marittime Unes, costruite nel Ventennio per
ospitare i figli dei dipendenti in estate, durante la guerra divennero un campo
di concentramento provinciale. Ora la struttura ospita il Centro Sociale
Occupato Mezza Canaja, ma rischia di essere spazzata via da un polo
turistico-residenziale

Sulla spiaggia i gestori dei bagni inalberano gli ombrelloni. Stanno lavorando
già da qualche settimana a ripulire la sabbia dai residui delle mareggiate
invernali o dalle conchiglie di troppo per renderla, anche quest’anno, soffice
come un velluto per i piedi dei turisti alle porte. Il tempo dei preparativi
sta scadendo, mancano pochi giorni all’inizio dei primi appuntamenti che
inaugurano l’estate di Senigallia. La bella stagione risveglia la città
marchigiana, oltre 40 mila abitanti, dalla sonnolenza invernale. Tutto si muove
attorno al turismo, soprattutto l’economia cittadina e all’edilizia. Ecco
perché l’amministrazione comunale, di centro-sinistra, ha dato il via libera
alla demolizione di un campo di concentramento provinciale per fare costruire
un polo turistico-residenziale.

LungoMare – LungoHotel
Il lungomare corre per circa 15 chilometri ed è spezzato, verso la metà, dal
porto. Alberghi, hotel e ristoranti sorvegliano il mare e nascondono alla
visuale le «dolci colline» (come il fotografo senigalliese Mario Giacomelli
definì le alture marchigiane) che si potrebbero ammirare dalla battigia. Circa 3 chilometri a sud del
porto, hotel, bar e ristoranti si rarefanno e al lato opposto del mare
compaiono vecchie strutture lasciate andare negli anni: le tre ex colonie
marittime Enel, Gil e Miliani. Sono costruzioni del Ventennio, ma secondo la Soprintendenza non
hanno lo stesso valore. Nel 2004, infatti, la Sovrintendenza pose
un vincolo di tutela architettonica alla colonia Marina di Savoia-Gil perchè
esempio dell’architettura razionalista degli anni ’30. Alle colonie Miliani fu
posto un vincolo di tutela indiretta per cui potranno essere abbattute e
ricostruite rispettando le volumetrie e i materiali d’origine. Le ex colonie
Enel, invece, non furono prese in considerazione né valutate.

Le colonie Unes – Enel
Questo edificio, costruito nel 1928 e inaugurato nel 1935, era destinato alle
colonie Unes (unione esercizi elettrici) e ospitava nei mesi estivi i figli dei
dipendenti per le cure elioterapiche. Nel 1943 la situazione cambia. A Senigallia
non sono ancora arrivate le truppe alleate e il territorio è sotto il controllo
della Repubblica sociale italiana. Tra il 14 e il 16 novembre viene redatto il
Manifesto programmatico della Rsi, noto come Carta di Verona, che al punto 7
stabilisce che le persone «appartenenti alla razza ebrea sono straneri. Durante
questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Il 30 novembre il ministro
degli interni Guido Buffarini Guidi dispone l’ordine di polizia n°5, per cui
gli ebrei dovranno essere mandati nei campi di concentramento e i loro beni
confiscati. Nascono per questo motivo circa 33 campi di concentramento
provinciali dove gli ebrei venivano riuniti in attesa di essere portati nei
campi speciali attrezzati. In molti casi, questi campi provinciali non furono
costruiti ex novo, ma si utilizzarono strutture preesistenti come le caserme in
disuso. Nella provincia di Ancona si decise di confiscare le colonie Unes di
Senigallia e adibirle a «campo di concentramento provinciale» in cui radunare
ebrei e oppositori del regime prima di trasferirli nel campo di concentramento
di Fossoli, in provincia di Modena.
Liliana Picciotto, la più importante storica del Cdec (Centro documentazione
ebraica contemporanea) di Milano, nel suo «Il libro della memoria» parla dei
campi provinciali e cita anche quello delle colonie Unes di Senigallia.
Un’altra fonte è il testo «Dall’internamento alla deportazione. I campi di
concentramento in Abruzzo» di Costantino de Sante. Professore e responsabile
del progetto «Documentare il ‘900» promosso dall’assessorato alla pubblica
istruzione della provincia di Ascoli Piceno in collaborazione con le scuole e
gli istituti storici del Movimento di Liberazione, de Sante fa una panoramica
dei campi provinciali tra cui rientra anche quello di Senigallia. Un
testimonianza diretta ce la offre il mensile di Forlì «Una città»: sul sito
www.unacitta.it si può infatti trovare il diario di un detenuto. Si tratta di
Attilio Morpurgo, a quel tempo responsabile della comunità ebraica di Gorizia,
che, trasferitosi nelle Marche, fu internato con la moglie e la governante a
Senigallia. Appena un mese prima, il figlio Gaddo era stato trasferito da
quello stesso campo a Forlì, dove poi venne fucilato.
Secondo Liliana Picciotto, a Senigallia furono internate circa 30 persone,
tutte trasferite a Fossoli a maggio del ’44. Ci sarebbero però altre 11
persone, membri delle famiglie Foà, Morpurgo e 4 slavi, che sarebbero state
trasferite non nel campo di Fossoli, ma in quello di Osimo. È quindi probabile
che gli internati siano stati più di 30.
Dopo l’agosto del ’44, quando a Senigallia arrivarono le truppe
anglo-americane, la struttura venne adibita a ospedale alleato e poco tempo
dopo accolse i profughi giuliano-dalmati con la Iro (organizzazione internazionale dei
rifugiati). Quando l’Unes confluì nell’Enel (’62), il nome delle colonie cambiò
e la struttura riprese a ospitare i figli dei dipendenti. Nel corso dei decenni
le colonie Unes ospitarono, poi,gli sfollati del Polesine e del terremoto del
’72. Nel 1992 l’Enel
divenne una SpA e, in seguito alla privatizzazione, le colonie di Senigallia
passarono alla Dalmazia Spa, un’impresa addetta alla dismissione di vecchie
strutture. Da questa, l’edificio fu venduto nel 2003: l’acquirente era la Its (Iniziative turistiche
senigalliesi) che lo comprava per 2,8 milioni di euro. Alcuni mesi dopo il
Comune rese l’area edificabile ad uso turistico, ma nel frattempo la
costruzione era stata occupata diventando sede del Centro sociale autogestito
Mezza Canaja.
Il polo turistico-residenziale
Le colonie si trovano quindi sul lungomare. Dietro la struttura, che un tempo
aveva accesso diretto alla spiaggia, c’è un ampio cortile delimitato dalla
ferrovia. Aldilà dei binari passa la strada statale.
Il Piano d’intervento d’area, approvato dall’amministrazione comunale con i
soli voti contrari di Roberto Mancini di Rifondazione e Andrea Bacchiocchi del
Gruppo Misto, dà il via alla costruzione di un polo turistico-residenziale
composto di un albergo, un residence e un condominio di mini appartamenti. Il
segmento di lungomare davanti le colonie verrà soppresso e spostato a ridosso
della ferrovia: al suo posto arriveranno piste ciclabili e pedonali, bar e
ristoranti. In questo modo tra le strutture del polo e la spiaggia non ci sarà
una strada da attraversare e l’accesso al mare sarà diretto. Il tratto di
spiaggia liberato dal traffico del lungomare sarà rinaturalizzato «per il
recupero delle dune marine e della relativa vegetazione che sopravvivono in
poche aree del Mediterraneo a causa dell’eccessiva antropizzazione dei
litorali», come dice il progetto.

Le proteste
La prima protesta nacque proprio contro le deviazioni al lungomare. A novembre
un gruppo di dieci persone firmò la richiesta di indire un referendum
consultivo e il Consiglio comunale nominò, così come vuole lo Statuto, il
Comitato dei Garanti. Presieduto da un difensore civico e composto da due
tecnici, il Comitato avrebbe dovuto pronunciarsi entro gennaio
sull’ammissibilità del quesito referendario. Se fosse stato giudicato accettabile,
gli organizzatori del referendum avrebbero dovuto raccogliere 2.500 firme entro
aprile e la consultazione si sarebbe tenuta ad ottobre 2009. Il 2 febbraio però
il Comitato dei Garanti ha bocciato la richiesta del referendum. Secondo
l’articolo 65 dello Statuto Comunale, infatti, non si possono svolgere
referendum cittadini su temi di pianificazione urbanistica e piano regolatore.
Gli organizzatori hanno così iniziato una raccolta di firme, che si chiuderà il
18 ottobre, per raccogliere il parere dei cittadini.
La protesta ha iniziato anche a muoversi sul piano storico-culturale perché la
struttura delle ex-colonie Enel costituisce un esempio di architettura degli
anni Venti-Trenta come altri edifici della città, ad esempio la Rotonda a mare o il
Politeama Rossini, sui quali si è già intervenuti con opere di
ristrutturazione. Il 3 dicembre Ettore Coen, un ottico di Senigallia membro
della comunità ebraica, con un articolo ha riportato alla memoria collettiva la
vicenda del campo di concentramento provinciale nelle ex colonie Unes. Dopo di
lui altre persone della città hanno fatto delle ricerche e riscoperto le
testimonianze su quel luogo di detenzione.
E si arriva ad Aprile. I due consiglieri che avevano votato contro
l’approvazione del Piano d’area, presentano un ordine del giorno, poi bocciato,
con cui si chiede di fare intervenire la Sovrintendenza
affinché valuti la struttura e ponga un vincolo di tutela. Di fronte alla
bocciatura, i due consiglieri si rivolgono direttamente alla Sovrintendenza
che, intervenendo, blocca momentaneamente i lavori di demolizione. A metà
maggio, dopo alcuni sopralluoghi, arriva il responso che non solo dà il via
libera all’abbattimento dell’edificio in quanto «non riveste un interesse
culturale sufficiente per la sottoposizione dello stesso a formale tutela», ma
valuta «positivamente il previsto ripristino del rapporto diretto delle
predette aree con la battigia, mediante lo spostamento della strada a ridosso
della linea ferroviaria lungo il tratto interessato dal Piano Urbanistico». I
lavori e la lottizzazione dell’area possono perciò iniziare.
La Its è una
società a responsabilità limitata composta da più imprenditori e ditte di
costruzione. Tra i proprietari ci sono anche le famiglie dell’ingegnere
Riccardo Morpurgo e del cugino Remo Morpurgo, membri della Comunità ebraica di
Ancona, alla quale fa riferimento quella di Senigallia. Riccardo è Presidente
della Its srl, mentre Remo è vice presidente della Comunità ebraica di Ancona.
Forse è per questo conflitto di interessi che nella vicenda i vertici della
Comunità sono rimasti a lungo in silenzio e quando, dopo ripetuti appelli a
entrare nella questione, il presidente Claudio Calderoni è intervenuto, ha
lasciato i suoi stessi membri perplessi. «In realtà – ha ammesso – non siamo a
conoscenza di documentazione e fonti storiche sul funzionamento del campo di
concentramento di Senigallia, né tale presenza ha avuto rilievo nei ricordi
degli iscritti che hanno vissuto il tragico periodo delle persecuzioni
antiebraiche. Questa Comunità conferma la disponibilità a esaminare documenti
storici che siano inviati sulle ex colonie Enel e che le consentanto di
esprimere una valutazione». La memoria di questo luogo, infatti, era rimasta
principalmente tra i dipendenti dell’Unes, che ricordavano che l’edificio venne
requisito dai repubblichini, e tra qualche cittadino, non certo tra gli ebrei
senigalliesi che tra il ’43 e il ’44 erano sfollati, nel migliore dei casi o,
nel peggiore, si trovavano già in qualche campo di concentramento europeo. Ecco
perché dalle dichiarazioni del presidente Calderoni hanno preso le distanze
tutti gli iscritti della Comunità che si dicono contrari all’abbattimento delle
ex Colonie e chiedono le dimissioni dei vertici.
«Prima di demolirlo – dice Ettore Coen – bisogna sedersi attorno a un tavolo e
decidere cosa fare. Mattone dopo mattone arriveremo a distruggere ciò che è
stato». Roberto Mancini ricorda che «il sistema dei campi di concentramento si
basava sulla fitta rete di strutture radicate sul territorio, tra cui c’era
anche quello di Senigallia. Non poteva esistere Auschwitz senza la presenza dei
campi di internamento nelle nostre realtà locali».
Sulla questione, intanto, non hanno espresso il loro pensiero né la presidente
della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande (Pd), né il presidente della
Regione Marche Gian Mario Spacca (Pd). Gli oppositori al progetto, però, dicono
che andranno avanti e cercheranno di contattare altre comunità ebraiche e altri
uomini e donne di politica e cultura. Tutto perché, secondo loro, la storia e
il «non dimenticare» passano anche dalle città di provincia. E dovrebbero
essere patrimonio protetto dalla collettività e non un ricordo delegato a una
possibile targa alla memoria.


Comments are closed.

Looking for something?

Use the form below to search the site:

Still not finding what you're looking for? Drop a comment on a post or contact us so we can take care of it!